Vi sono mestieri la cui importanza e necessità sono apprezzati e conosciuti da tutti. Altri invece rimangono quasi nascosti, pur essendo ugualmente fondamentali tanto da fare la differenza sul prodotto finale. Quello che qui raccontiamo è un mestiere che rientra in questa seconda categoria; stiamo parlando della figura del capocava, imprescindibile nell’attività di estrazione del marmo, ma per lo più sconosciuta a chi la pietra la apprezza già tagliata in lastre o la accarezza soddisfatto negli edifici eleganti.
Il capocava, assieme al direttore dei lavori, individua i punti in cui scavare in base al perimetro estrattivo concesso. Una volta portata alla luce la parete di marmo, la “bancata” in gergo tecnico, le decisioni diventano esclusive del capocava che con semplici (per i profani) sguardi decide come e dove cavare.
Saper leggere la bancata non è cosa semplice; possono esistere dei difetti che se non valutati correttamente rischiano di sprecare parecchio materiale. I difetti sono sostanzialmente le crepe che possono essere bianche (difetto chiuso) o gialle (difetto aperto). Ciò dipende dalla larghezza della crepa che consente o meno all’acqua di infiltrarsi nel marmo portando con sé la terra all’interno del blocco e sporcandolo. I difetti aperti sono i più insidiosi perché più profondi e perché devono essere rimossi anche per un fattore estetico.
Una volta portata alla luce la “bancata” le decisioni diventano esclusive del capocava che con semplici (per i profani) sguardi decide come e dove cavare. L’abilità del capocava sta innanzitutto nell’individuare i difetti; questi infatti non sono sempre visibili.
L’abilità del capocava sta innanzitutto nell’individuare i difetti; questi infatti non sono sempre visibili, ma potrebbero essere nascosti alcuni centimetri sotto la superficie. Una volta individuati, il capocava deve capire come i difetti lavorano sul blocco di marmo per poter andare a dare un taglio corretto, massimizzando così la resa della bancata e riducendo al minimo le perdite di materiale. Nella pratica ciò significa comprendere la direzione e la forza delle crepe. Queste constatazioni sono necessarie non solo per incrementare l’estrazione, ma anche per garantire la sicurezza dei cavatori, evitando crolli improvvisi.
Massimo Martelli, 55 anni, capocava di cava Calocaro, spiega la sua attività con un esempio: “Immaginiamo di trovarci di fronte una bancata di 8 metri di altezza, 3 di profondità e 10 di lunghezza e che siano stati individuati due difetti (le linee rosse nel disegno ndr). Da capocava darò ordine di fare due tagli: uno lungo il difetto verticale per liberare la parte di sinistra; l’altro lungo il difetto orizzontale ottenendo altri due blocchi”. Ovviamente non è sempre così semplice, anche perché, continua Martelli: “Il marmo di Carrara è un marmo che difficilmente non presenta difetti e quindi la figura del capocava è indispensabile per evitare perdite di prodotto”. Le conseguenze di un taglio sbagliato sono semplici quanto critiche: “Se avessi dato indicazione di fare un taglio centrale in direzione opposta a quella del difetto, avrei sostanzialmente perso tutta la parte centrale della bancata, che si sarebbe rotta”.
Recentemente è stato sperimentato uno strumento, una sorta di georadar, con l’intento di affiancare (e magari un giorno sostituire) il capocava nelle sue attività, sfruttando gli ultrasuoni per ricercare i difetti, facendo una sorta di ecografia della montagna. Ma il marmo è troppo denso, tanto che questo è uno dei pochi casi in cui la tecnologia non ha potuto sostituire il fiuto e le conoscenze del uomo. Prima ancora di dare il taglio nel marmo, il capocava scolpisce la bancata con uno sguardo: i difetti infatti vengono infatti scovati “a occhio” seguendo le linee della montagna e del terreno.
Prima di tutto, il capocava scolpisce la bancata con lo sguardo: i difetti infatti vengono scovati “a occhio” seguendo le linee della montagna e del terreno. Nessuna automazione non potrà mai sostituire un capocava.
Un capocava coordina una decina di cavatori, che si affidano a lui seguendone cecamente le disposizioni. Sanno infatti che egli lavora e decide pensando al marmo, ai lavoratori e alla loro sicurezza. A lui si rivolgono anche il datore di lavoro e l’ingegnere dei lavori in caso di necessità o per un consulto. Il capocava rappresenta quindi un’autorità in cava.
Per questo motivo la carica del capocava è il massimo grado a cui un cavatore può ambire. Desiderato da tutti, ma raggiunto da pochi. Non esiste infatti un percorso definito e univoco per ottenere questa qualifica, che sicuramente non si raggiunge con un corso o con un attestato. Ci sono capocava che si tramandano le conoscenze di generazione in generazione; alcuni sviluppano le loro abilità con gli anni; ad altri sono proprio i datori di lavoro ad insegnare il mestiere.
Il lavoro del capocava non è sempre stato lo stesso, come spiega Massimo Martelli, che lavora in cava dal 1990 e diventa capocava solo quattro anni più tardi. Secondo Martelli negli ultimi anni l’automazione ha portato numerosi benefici nell’attività estrattiva, in molti altri processi ma non in quello affidato all’occhio esperto del capocava. “Il miglioramento principale si ha avuto sulla sicurezza” – dice Martelli – “e non parlo di un tempo lungo. Da quando ho iniziato io trent’anni fa, si sono fatti grossi investimenti per la sicurezza in cava, che hanno ridotto infortuni e incidenti”. I macchinari hanno anche alleggerito il carico fisico, nonostante “quello del cavatore rimanga un lavoro più duro degli altri, che non tutti possono fare”. “Malgrado ciò – continua Martelli – i giovani ci guardano con ammirazione e sono in molti a voler salire in cava”.
Negli ultimi anni in cava non è aumentata solo la presenza delle macchine, ma anche la burocrazia. Normative sempre più stringenti, non sempre chiare e a volte addirittura contradditorie perché provenienti da più parti. A farne le spese sono per lo più loro, i capocava; “In caso in cui un controllo riscontri un’anomalia, la sanzione pecuniaria viene pagata dal datore di lavoro, ma chi viene sanzionato è il capocava” – dice Martelli – “Per questo rispondere all’incertezza su come muoversi e come organizzare il lavoro è diventata la sfida quotidiana del mio lavoro”.
Artigiani orgogliosi delle loro conoscenze, gelosi custodi degli stratagemmi che negli anni hanno inventato per meglio svolgere il loro lavoro. Dalle loro parole traspare fierezza ma non nascondono preoccupazioni per una tradizione che vorrebbero vedere proseguire ancora per molto tempo.
I capocava sono artigiani: orgogliosi delle loro conoscenze, gelosi custodi degli stratagemmi che negli anni hanno inventato per meglio svolgere il loro lavoro; tanto che, afferma un imprenditore del lapideo: “è quasi divertente girare per le cave di Carrara e vedere quali modifiche hanno escogitato i diversi capocava”. Quando parlano del loro lavoro traspare una fierezza e un senso di dignità, ma non nascondono speranze e preoccupazioni per una tradizione che vorrebbero vedere proseguire ancora per molto tempo.