È di pochi giorni fa l’intervento sulla stampa locale del presidente dell’associazione degli industriali di Massa e Carrara, Erich Lucchetti, per contribuire a sgombrare il campo dalle continue e infanganti denigrazioni che circolano in merito alle attività estrattive del marmo.
È d’obbligo chiarire che le imprese del marmo sono soggette alle leggi dello Stato e ricevono costanti indicazioni, prescrizioni e controlli da parte di Regione Toscana, Comuni del distretto, ASL, ARPAT, Ispettorato del lavoro, Procura della Repubblica e forze dell’ordine. Le imprese collaborano costantemente migliorando i propri standard di lavoro, adottando politiche ambientali sempre più sostenibili e difendendo i propri diritti nei tribunali che ne riconoscono frequentemente le ragioni.
I casi di cronaca degli ultimi mesi dimostrano proprio il contrario di quanto i nemici dell’industria vorrebbero sostenere. Persino le serie accuse mosse nei confronti di alcuni imprenditori (che dovranno essere dimostrate in tribunale) provano che leggi e controlli ci sono, non il contrario. Ovviamente fa più rumore un albero che cade piuttosto che una foresta che cresce silenziosa. Sui giornali finiscono le indagini, non l’indefesso lavoro quotidiano per conformarsi alle regole.
L’esercizio dell’attività estrattiva è soggetto al regime autorizzativo comunale, come anche rimane la potestà della Regione in materia di programmazione e pianificazione e sulla sicurezza, e dello Stato per quanto attiene la materia ambientale e fiscale. I titolari di concessioni devono pagare un canone al Comune, ed un contributo di estrazione commisurato alla quantità e alla qualità del materiale estratto (quest’ultimo riguarda anche i titolari di cave private). Le attività estrattive come tutte le attività industriali e commerciali sono soggette alle norme tributarie e fiscali. Di sola “tassa marmi” il solo Comune di Carrara incassa ogni anno oltre 25 milioni di euro: risorse importanti per le casse pubbliche e, quindi, per garantire servizi ai cittadini.
Ha ragione in questo caso Lucchetti quando dice che “non esiste un settore controllato come il lapideo e non passa giorno che una cava non abbia un’ispezione”. L’attività tecnica e legale (qualcuno direbbe “burocratica”) necessaria a conformarsi alle moltissime regole quasi eguaglia per ore lavorate quella direttamente riferibile all’estrazione del blocco di marmo.
I progressi degli ultimi decenni sul fronte della sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle attività estrattive sono straordinariamente significativi. Certo, l’estrazione del marmo, come tutte le attività produttive, trasforma le risorse naturali in beni di mercato creando così lavoro e valore aggiunto, e c’è persino chi ritiene che ogni attività umana che implichi una modifica dell’esistente sia da demonizzare. Per tutti gli altri sarà decisivo sapere che, come nota anche il presidente degli industriali nel suo intervento, il settore lapideo è oggi decisamente più sostenibile rispetto a 25 anni fa. Questa è una buona notizia per tutti. I residui della lavorazione, ciò che non è blocco di marmo (quindi scaglie, terre, etc.), sono in costante e progressiva diminuzione poiché l’estrazione è più efficiente e sicura grazie alle innovazioni tecnologiche e ai protocolli adottati. E molto di più ancora faremo nel prossimo futuro sul fronte della sostenibilità ambientale di questa industria.
Il rapporto tra istituzioni e industrie lapidee è complementare. Le istituzioni individuano criteri di sostenibilità che trovano applicazione nella legge e nei regolamenti; tali criteri generano uno scenario entro cui le aziende possono progettare le proprie attività. Le aziende si conformano a leggi e regolamenti, ma spesso sono persino più avanti di questi, adottando protocolli ambientali e innovazioni in grado di conciliare la produttività economica e il rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale. I progetti esemplari di economia circolare sviluppatisi negli ultimi anni a Carrara intorno all’industria del marmo hanno permesso di rimuovere dal monte milioni (!) di tonnellate di detriti e di farlo in modo sostenibile ed efficiente.
La continua denigrazione dell’industria del marmo apuana – ben al di là delle reali responsabilità delle migliaia di lavoratori che vi operano – non avrà alcun effetto ambientale positivo ma impoverirà il tessuto produttivo della provincia smantellando il suo principale motore economico in favore di distretti industriali (italiani e esteri) più coesi e non pregiudizialmente ostili.